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Per Aspera Ad Veritatem n.18
Per le spie c'è ancora molto lavoro

Loch K. Johnson in "Global FP", n. 5, ottobre 2000





Suscita senz'altro interesse l'articolo di Loch K. Johnson, apparso sul numero di ottobre 2000 di Global FP (rivista dell'Istituto affari internazionali e dell'Istituto per gli studi di politica internazionale, pubblicata dall'editrice La Stampa). Nel muovere da alcune domande in apparenza banali, circa la realtà dell'attività di spionaggio, traccia in effetti un quadro assai preciso degli scenari che, con la caduta del muro di Berlino, si aprono per le funzioni dell'intelligence. E infatti, mentre gli stanziamenti ai servizi segreti statunitensi tornano - e forse questa è una notizia - ai livelli raggiunti durante la guerra fredda, si diversificano i campi d'azione ove tali risorse vengono impiegate. Laddove in passato oltre i 2/3 del bilancio venivano utilizzati in funzione anti U.R.S.S. ora, per usare una felice immagine dell'ex direttore della CIA, James Woolsey, deve essere affrontata con l'utilizzo dell'intelligence "una stupefacente varietà di serpenti velenosi". Sono le cd. "nuove minacce" (terrorismo, stupefacenti, diffusione di armi di distruzione di massa) che impediscono si possa immaginare un mondo senza necessità dello spionaggio.
L'Autore, mostrando però di distinguersi dai tanti che ormai da tempo sostengono tali tesi, esplora nuovi scenari che, muovendo dal rapporto uomo-macchina (peraltro sempre presente nell'attività dell'intelligence), giunge anche ad interrogarsi sulla compatibilità, nella nuova società dell'informazione, dello spionaggio con la democrazia.
Ecco quindi che la vicenda "ECHELON" viene presa ad esempio di una cooperazione finalizzata al perseguimento di uno scopo comune che, nel corso degli anni, sembra essersi chiaramente modificato da militare in economico. Lo scenario insomma si modifica, il nemico del mio nemico non è più necessariamente mio amico, perché l'interesse economico è per lo più nazionale, o al massimo per aree d'influenza, ed infatti gli scambi d'informazione tra Servizi segnano il passo quando non riguardano le "nuove minacce". Insomma, sembra dire Johnson, nel settore economico tutti spiano, o tentano di spiare, tutti.
In tale contesto, è nell'analisi dell'opportunità del mantenimento degli apparati di spionaggio che l'Autore fornisce alcuni spunti di riflessione particolarmente interessanti. Si pensi, infatti, alle argomentazioni utilizzate per sfatare il postulato che vuole l'agente inutile quando sia presente lo strumento tecnologico poiché, spiega, spesso l'apporto di quest'ultimo è nullo, quando non addirittura controproducente, senza la presenza di un agente nel luogo delle operazioni. Ed anche la gran massa di informazioni disponibili dalle c.d. "fonti aperte" necessita dell'analisi comparata che solo gli organismi d'intelligence possono assicurare, quando non anche della presenza fisica dell'uomo laddove l'informazione viene resa pubblica divenendo quindi "aperta".
Insomma, conclude l'Autore, l'attività di spionaggio non solo è ancora necessaria ma svolge (illuminante appare al riguardo l'esempio riportato a proposito del tentativo cinese di nascondere l'esistenza di materia ematica contaminata dal virus dell'AIDS nel prodotto di una società gestita da militari), o potrebbe svolgere, un ruolo di sostegno per la democrazia, sia a livello nazionale che internazionale. Questa rinnovata fiducia nell'utilità dello spionaggio deve però accompagnarsi all'esistenza di controlli parlamentari che, vigilando sull'operato dei servizi segreti e consentendo di superare antiche diffidenze, permettano ad essi di dimostrarsi efficienti e di godere del rispetto dell'opinione pubblica.



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